Sono tornato dopo un
anno alla Marcigliana. E' sempre un posto estremamente
affascinante, spettrale. In un anno non è cambiato quasi
nulla. Qualche bel murales in più, e un po' di erbacce
di meno. Non ci sono più le palme che adornavano il
viale, tagliate dopo essere state uccise dal punteruolo
rosso.
Stavolta ho voluto indagare più a fondo per capire cosa
fosse questa struttura prima di cadere in abbandono. Su
internet la teoria più accreditata è che si trattasse
di un orfanotrofio o di un manicomio.
La teoria manicomio è la più gettonata, ma
semplicemente perchè è molto più intrigante. Su
youtube ci sono una serie di filmati adolescenziali che
mostrano esplorazioni a caccia di fantasmi e spiriti tra
queste mura (con Profondo Rosso dei Goblin in sottofondo:
è immancabile, come immaginare una convention aziendale
senza We are the champions dei Queen. Dio della banalità
abbi pietà di noi)
Non ho trovato nessuna certezza (come mi piace che sia
per questi posti dove non devono esserci certezze: la
verità te la devi ricostruire tu, da tanti tasselli,
senza mai essere sicuro di averla colta in pieno).
Ma ho fatto alcune deduzioni.
La toponomastica
La strada dove si trova l'edificio è un
tratto brevissimo, a fondo cieco (finisce davanti
all'edificio) e si chiama Via Bartolomea Capitanio.
Visto che, quindi, la strada esiste solo in funzione
di questo edificio, ho pensato potesse esserci un
collegamento.
Chi era Bartolomea Capitanio ?
Ce lo svela questo sito: una santa nata nel 1807 e morta nel
1833. Nella sua biografia si legge Ricca di
doni e naturalmente espansiva, Bartolomea non tardò
a volgere la sua attenzione a un altro campo di
apostolato, quello della gioventù femminile, tra la
quale le idee della Rivoluzione avevano lasciato
segni evidenti di rovine o almeno di disorientamento
morale. Sorse così l'oratorio con cappella,
regolamenti ed istruzioni e la Congregazione col
titolo di Maria Bambina. (certo, idee come
libertà, uguaglianza e fraternità andavano
prontamente corrette ed estirpate dalla gioventù
femminile perchè oratorio con
cappella mi fa pensare ad Amici Miei ?!).
Nel 1832, Bartolomea fonda un Istituto dove era
presente una scuola gratuita per le figlie del popolo
e un orfanotrofio.
Una testimonianza
In un giornale locale (La Voce del Municipio: il pdf può essere
scaricato qui) a pagina
10 c'è la testimonianza di una anziana signora che
era stata ospite di questo orfanotrofio da bambina. E
ricorda anche che nel 1973 era diventato un Istituto
geriatrico che sarebbe stato chiuso poco dopo.
Una possibile data di
apertura
La scheda
biografica del Senatore Carlo Scotti (1863 - 1940) presente sul sito del
Senato riporta tra le sue opere: Fondatore
dell'"Orfanotrofio femminile di Roma"
tenuta Bufalotta (28 ottobre 1933). Possibile
che sia lui ?
Insomma, in una via dedicata a una
santa che si occupava di gioventù femminile (la
toponomastica non le rende giustizia: nella via non è
santa, ma solo Bartolomea) c'è solo questo enorme
edificio. Nel 1933 un senatore fonda un orfanotrofio
femminile nella tenuta Bufalotta (la zona dove si trova
l'edificio). E una signora dice di essere stata ospite di
questo orfanotrofio da bambina.
Mi dispiace per chi si sentirà spogliato del fascino
molto più tetro che avrebbe avuto come manicomio, ma
direi che è quasi sicuro si trattasse di un
orfanotrofio. Trasformato poi in istituto geriatrico
(meno tetri entrambi, ma non molto più allegri).
La tesi della trasformazione in istituto geriatrico è
altresì avvalorata da una scena di un vecchio film che
ha proprio questo posto come location. Nel film I nuovi mostri , (di Risi, Monicelli e Scola) del
1977, nell'episodio Come una regina, Alberto
Sordi abbandona l'anziana madre in un ospizio. Tale
ospizio è proprio il nostro edificio (fonte Il Davinotti). Ancora Il Davinotti riconosce l'edificio
come location di una scena de La banda del
gobbo (Umberto Lenzi) sempre del 1977.
Quindi sino al 1977 l'edificio era utilizzato, o quanto
meno in buono stato di conservazione. Non mi è stato
possibile scoprire quando sia stato chiuso
definitivamente.
Dei pochi locali di cui si riesce a dedurre l'originaria
destinazione, merita una citazione particolare la
cappella (immancabile in un luogo simile). Ci sono ancora
l'abbozzo
in mattoni dell'altare e alcuni fregi in
marmo. Macchie nere sulle
pareti dimostrano l'impegno
a cancellare scritte e simboli satanici (che si può fare
nella cappella abbandonata di un posto simile, se non
delle belle messe nere ?). Sempre nella cappella una
persona con i piedi per terra ha scritto su un muro
A
satana, mavaffanculo:
ogni tanto un barlume di ironica intelligenza pervade il
genere umano. Su uno spuntone di marmo, invece, un'altra
mano (o forse la stessa) ha vergato una semplice frase
che riassume, a mio modesto parere, l'essenza
dell'esistenza: Nulla ti fa e tutto ti distrugge. E' bello trovare su un muro la
Verità.
C'è poi la
stanza delle scritte dei bimbi (Perchè non mi fanno uscire ? Mamma dove sei ? Perchè m'hanno punito ? Etc. etc.). Dei
fake evidenti, ma di sicuro effetto.
Girarci dentro e pensare alla vita che c'è passata in
tanti anni, fa un po' impressione. L'idea che un
orfanotrofio fosse edificato in un posto così isolato
dal mondo (lo è ancora adesso, figuriamoci nel 1933) la
dice lunga sulla necessità di controllo, indottrinamento
e di difesa dal mondo che le linee educative dettavano.
L'orfano è un diverso, una mente da plagiare e
indottrinare, e l'isolamento (anche fisico) è strumento
utilissimo. Non a caso nei Lebensborn di Himmler i
bambini venivano prontamente sottratti alle madri e non
conoscevano mai il padre SS. L'educazione era solo ed
esclusivamente la dottrina e nulla (meno che meno il
sentimento materno) doveva introdurre il minimo disturbo.
Ma forse queste sono soltanto mie sciocche idee, e in
realtà nell'orfanotrofio si stava benissimo.
Un aneddoto finale: siamo appena arrivati e stiamo
visitando il piano terra quando incontriamo il Geometra e
il suo Aiutante.
Il Geometra è un distinto signore coi capelli bianchi
che indossa un caschetto giallo da cantiere. Porta in
mano una stecca graduata e va misurando questo e quello.
L'Aiutante è un ragazzo giovane con una Nikon a
tracolla.
Ci vedono e il Geometra chiede Chi siete ? e
noi Due fotografi.
Il Geometra Ah, bene. Mi hanno detto che qui si
possono incontrare persone poco raccomandabili
(porca miseria, l'avessi saputo gli avrei risposto
Siamo due fotografi poco raccomandabili: che
occasione persa !).
Per salire ai piani superiori ci sono due scale: una ha
un tratto completamente divelto e l'altra è invece in
condizioni migliori. Il Geometra e l'Aiutante, protetti
da Nikon ed elmetto giallo, sfidano il cavalcone di legno
pericolante che giunta le due parti rotte della scala
malmessa, e noi invece saliamo più prosaicamente con la
scala sana.
Dopo un po' li rincontriamo e mi azzardo a chiedere
Ma come mai questi rilievi ? C'è un progetto di
recupero ? e il Geometra Si, c'è un progetto
di riportare questo posto a quello che era prima.
Preso dalla curiosità sul passato del posto chiedo
Ah si ? Quindi ci sa dire cosa c'era prima tra
queste mura ? e il Geometra No, non ne ho
idea. Lo salutiamo, non senza raccomandargli di
scendere per la scala buona, senza sfidare due volte la
fortuna nel giro di due ore.
Alla fine della visita stiamo salendo in macchina e
arriva Cesare. Cesare è il guardiano delle
rovine. Sembra che abiti lì e chiede una
tassa ai visitatori: una ventina di euro ai
combattenti che ci vanno a giocare a softair, una
quarantina agli artisti (noi siamo la seconda categoria,
seppur immeritatamente). Stavolta gli è andata male,
siamo in partenza e ormai i soldi non ce li può
chiedere. Quindi ci saluta cordialmente e torna alle sue
faccende.
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